nòzze

(plur.) – nozze. Far nòzze – essere un giorno di nozze (per uno che resta contentissimo, per un bon piatto avuto e sim.). Ndar a nòzze, o ale nòzze – andare alle nozze. Co ghè nòzze i fa i ʃbari. N tempo, co na spoʃa la ndava for dal sò paeʃe, i tirava, par eʃémpio, na morena de moʃegòti a travèrso la strada, onde che la doveva passàr par ndar a spoʃarse. I dir che ti sì de nòzze – si dice che andrai a nozze (di qualcuno). [I Valsug. 73]. – Nel 1450, Francesco di Castellalto, presenti molti di nome tedesco, fece alla moglie la donatione propter nuptias que dicitur morgengab (Morizzo I 224).

Angelico Prati, I Valsuganotti (La gente d’una regione naturale), 73. …Non si sposa di maggio, né di domenica, ma per lo piú di sabato.
Lo sposo compera le gioie alla sposa (nferàr la spoʃa), e dona un paio di scarpe alla suocera.
La sposa dona allo sposo la camicia da sposo e un fazzoletto bianco. Per l’addietro gli donava il corpetto da sposo e la cravatta.
La cena della stima à luogo nella casa della sposa, il pranzo di nozze in quella dello sposo.
Il dí delle nozze la sposa vestiva di seta fatta in casa di colore vivace, per lo piú turchino, ma ora veste di scuro, come lo sposo, al solito di lana nera, e non porta veli. Una volta portava speciali orecchini da sposa, per lo piú con ciondolo di tre pallette d’oro vuote, di grandezza decrescente dall’alto al basso, e poi con un altro ciondoletto terminante in una pallettina.
La sposa bacia tutti gl’invitati, di mano in mano che entrano nella sua casa, quando lo sposo viene a prenderla per condurla in chiesa. Il padre suo tiene poi un discorsetto, e benedice la figlia, che sta per lasciarlo.
Quel giorno si fanno gli spari, e s’invita il curato alle nozze. Alla sera si balla.
Un tempo c’era dell’ostilità contro chi veniva dal di fuori a prendere moglie nel paese, e si tendeva sulla strada per cui doveva passare la coppia, per esempio, una filza di tutoli (na morena de moʃegòti), costume che à riscontri in molti altri luoghi.
Caratteristiche sono le revoltage, che consistono nell’invitare la madre della sposa a pranzo dallo sposo, la prima domenica dopo l’ottava delle nozze. In quel giorno la sposa va alla chiesa col vestito nuziale, ed è lo sposo, che va a pigliare la suocera, per condurla alla propria casa, dove à luogo il pranzo. A Belluno sono dette reoltaje o reoltade, che il Nazari traduce con «ritornata», e il termine letterario è revertalie.
Altro costume è la machinaa, il macàr i bandoni, a Roncegno ʃmacaluzo (trent. ʃmacalüz, poles. batelà), che è la scarapanata, fatta sotto le finestre di quelli che si maritano in tarda età, o anche pei venticinque anni di matrimonio. A proposito, si legge in una corrispondenza dal Borgo al giornale Il Popolo di Trento, dell’11 gennaio 1910, che al sabato sera la gente assiste a un concerto a base di latte del petrolio, di campanelli, di trombette e di altri simili strumenti del genere, concerto organizzato per festeggiare le terze nozze d’un vecchio abitante della Via Borgo Vecchio, d’anni 73, che volle impalmare una signorina di 50 anni. Molti abitanti di quel borgo parteciparono a quella gazzarra…

Angelico Prati, Dizionario Valsuganotto, Istituto per la collaborazione culturale Venezia – Roma, 1960 (prima edizione);

Angelico Prati, Dizionario Valsuganotto, Istituto per la collaborazione culturale Venezia – Roma, 1977 (ristampa anastatica);

Angelico Prati, I Valsuganotti (La gente d’una regione naturale) – Dizionario Valsuganotto. Ecomuseo della Valsugana – Ecomuseo del Lagorai, Croxarie, Litodelta, 2023.

NOTA EDITORIALE

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