giro; il girare vendendo mercerie. Èstre, ndar sul giro. [I Valsug. 107].
Angelico Prati, I Valsuganotti (La gente d’una regione naturale), 107. … Ma l’emigrazione caratteristica dei nostri paesi è quella dei merciaioli girovaghi, del pari che nei Sette Comuni (Frescura II 97), cioè sul giro, come dicono da noi. Già il Montebello (p. 234-235) parla dei girovaghi di Bieno e di Samone (i Tasini incominciarono ancor prima il detto commercio). Da un articolo su La nuova legge sul traffico girovago e la Valsugana (Tridentum VI 2) si apprende che nel 1901 i trafficanti girovaghi erano 86 nel distretto del Borgo, 433 nel distretto di Strigno, e 9 in quello di Lévico: nella vera Valsugana dunque 519. Nell’alto numero del distretto di Strigno sono compresi i Tasini (v. a pag. 112). In quell’articolo è detto, tra altro, che «il traffico ambulante resterà pur troppo per la Valsugana inferiore e per la valle di Tesino una dura necessità ed uno dei pochi mezzi da guadagnarsi la vita e il denaro necessario a pagare i debiti e le imposte e sovraimposte sempre più schiaccianti (l’articolista scriveva vent’anni fa), addossate ad una popolazione, scarsa di suolo coltivabile e priva d’ogni commercio e d’ogni industria» (p. 3). Vedi anche le cause dell’emigrazione temporanea accennate da Olinto Marinelli, o. c., p. 43. n. 1. Qualunque sia il movente del fenomeno, certo che esso è una manifestazione della razza, che anche in ciò distingue i Valsuganotti dai Trentini. Certi merciaioli girovaghi frequentavano la Lombardia, il Piemonte, e qualcuno si spingeva sino alla Riviera e nell’Emilia, altri piú numerosi passavano nel Tirolo, ma la piú parte, e prima, nella Francia. Un tempo andavano in Francia a piedi, per Caldonazzo – Lavarone – Rovereto – Lago di Garda – Lombardia – Piemonte, ma poi si servirono del treno. Qualcuno vi andò in età ancor tenera: ne conosco uno che parti già a quindici anni. Negli ultimi anni però si diressero molto anche nell’Austria tedesca. Il merciaiolo girovago fa uso della cassèla, una cassetta per le mercerie, con vari scompartimenti composti di cassettini, che si mettono l’uno nell’altro, cassetta che si porta sulla schiena, con cinghie, o fa uso della dèrla, o cràizara, un arnese di legno in forma di seggiola coi piedi corti, pure da portare con cinghie sulla schiena. Ultimamente però in Francia essi usavano la careta, che essi chiamavano anche colporteur (che in francese è il merciaiolo girovago), un carretto a due ruote per le mercerie, e chiamavano colportage la merce stessa (in francese il mestiere dei merciaioli ambulanti). Vendevano mercerie, gingilli, cartoline e santi, questi soprattutto una volta. Si dava il caso che i nostri merciai si trovavano in una città in molti (p. e. una ventina); allora stabilivano di ritrovarsi un dato giorno in un’altra città, e ivi facevano una ribotta. Imparavano naturalmente il francese, e taluni mandavano ai loro conoscenti Le Petit Parisien o il Figaro. Quelli che furono là usano termini come ferma «fattoria», deportamento «dipartimento», ecc. I Valsuganotti però, a differenza dei Tasini, non si sono mai fatti un’agiatezza né con questo commercio, né in altro modo. Ora ve ne sono ancora che vanno in giro con mercerie o stampe, ma si tengono quasi tutti entro la provincia…